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Intervista ad Alessandro Seminara

Alessandro Seminara è lo chef patron del ristorante Ca’ Vin di Riese Pio X, situato al numero 52 di Via Cendrole: originario di Brindisi, ha aperto il cuore al Veneto e in particolare al territorio trevigiano, trasferendosi nella Marca per inaugurare il proprio locale in compagnia di due soci. Una quindicina d’anni fa nasce così Ca’ Vin, un’avventura che combina le radici pugliesi agli ingredienti del Nord-Est, in un connubio che stuzzica l’appetito già a partire dalla lettura del menu.

«Alessandro, ci racconteresti com’è iniziata la tua carriera?»

«Il mio percorso parte dall’istituto alberghiero e prosegue sul campo. Sono stato chiamato qui in Veneto tramite la scuola alberghiera di Castelfranco, per un’esperienza che doveva essere temporanea ma che si è prolungata nel tempo, complice anche la bellezza di questa regione: qui ci sono il mare, la montagna, il paesaggio è ricco e vario, non manca niente. Mi è sempre piaciuto mescolare elementi diversi tra loro nelle mie preparazioni: quando viaggio cerco sempre di imparare il più possibile, di chiedere ricette e tradizioni da aggiungere al mio bagaglio personale, non soltanto per deformazione professionale ma anche perché sono genuinamente curioso, per natura. Penso farei lo stesso anche se non fossi un cuoco».

«Quali piatti proponi nel tuo menu?»

«In questa stagione reintroduciamo fra le portate il nostro tegamino, un piatto presente fino alla primavera (ovviamente preparato con ingredienti diversi a seconda della stagione). Iniziamo a prepararlo con funghi misti, una fonduta di Morlacco che proviene da un vicino caseificio o direttamente da una malga sul Monte Grappa, ed infine con la pancetta al pepe. Al momento usiamo un capocollo di Martina Franca, presidio Slow Food, per confezionare un antipastino freddo in cui mettiamo una zucca in agrodolce e una burratina affumicata, ma oltre ai piatti stagionali abbiamo una selezione di classici che rimane tutto l’anno in menu… Anche perché se provassimo a toglierli ci verrebbero chiesti a prescindere! Tra questi ci sono il tris di carpacci di pesce, gli spaghetti all’astice, il nostro risotto della casa, oppure ancora la tagliata di tonno alla piastra con semi di sesamo».

«Che cos’ha di particolare il risotto Ca’ Vin?»

«Il nostro risotto è fatto con la salsiccia e un Cabernet delle colline asolane, è cotto quasi interamente nel vino e per questo assume un sapore deciso ed un colore intenso: le ordinazioni calano soltanto nel pieno del caldo estivo. In più, questo risotto ha fatto innamorare anche Riccardo, il fondatore della Guida Ristoranti Che Passione!

Per tornare ai piatti autunnali, un altro consiglio per il cliente potrebbe essere il nostro stufato di musso cotto a bassa temperatura ed in sottovuoto: a settembre infatti si celebra il Palio dei Mussi qui a Riese, e come piatto tipico della festa viene servito lo spezzatino d’asino. Ci siamo ispirati a questa ricetta e l’abbiamo modernizzata per proporne una nostra versione».

«Hai invece un piatto del cuore di cui condividere la storia?»

«Dal momento che mi hai detto di vivere a Vicenza, mi viene in mente la polenta con il baccalà: una signora anziana per un intero mese si è confrontata con me perché arrivassi a prepararle questo famoso piatto vicentino nel modo in cui lo prediligeva, me lo portò addirittura già pronto all’interno del locale! Mi disse che, se non avessi capito come replicarlo, mi avrebbe insegnato di persona come cucinarlo: lo fece sul serio. Da allora cuciniamo anche questa tipicità, che sarà sempre legata alla memoria della signora Giuliana anche se lei non è più tra noi.

Un altro piatto – o meglio, un altro ingrediente – nostalgico dal mio punto di vista è il riccio di mare. Quand’ero piccolo, infatti, al posto che portarmi a sentir messa come promesso ai miei genitori, mio nonno mi portava a mangiare questa specialità al mercato del pesce. Si tratta di un cibo difficile da introdurre in menu, eppure ora abbiamo clienti che vengono a trovarci solo per assaggiare i nostri ricci! Per me sono l’essenza del sapore del mare».

«A proposito di mare: come commenteresti l’argomento-trend del granchio blu? Ha avuto qualche impatto sulla tua vita lavorativa?»

«Ti dirò, volte mi capita di accorgermi che certe richieste dei clienti sono influenzate proprio dai social o dai media in generale. Quello che fa tendenza online si rispecchia nel modo di porsi di alcune persone, che risultano spesso poco informate: ad esempio, chiedere scampi ed aragoste e pretendere di spendere poco non è ammissibile, mentre ci sono piatti di pesce meno costosi su cui puntare se si apprezzano quei sapori. Il granchio blu tutto sommato rientra in quest’ultima categoria e il suo consumo va a vantaggio del controllo di una popolazione invasiva nelle nostre acque, dunque ben venga la fama che ha guadagnato nell’ultimo periodo.

La riflessione che mi interesserebbe fare riguarda però l’assenza dai menu di opzioni diverse dalle varietà ittiche della grande distribuzione (il salmone per fare un esempio su tutti). Quest’abitudine purtroppo costringe ad allevare intensivamente poche specie troppo richieste, ed è difficile intervenire per cambiare le richieste del mercato. Un amico biologo ha smesso di mangiare pesce dopo aver visto com’erano condotti alcuni allevamenti, per questo noi ci rivolgiamo soltanto a realtà virtuose per acquisire la materia prima che lavoriamo. Va da sé che per la carne adottiamo le stesse precauzioni, valutandone attentamente la provenienza».

«Una curiosità per concludere la nostra conversazione: il profilo di Ca’ Vin segue l’account del divulgatore Dario Bressanini, chimico noto per aver scritto numerosi libri come “La Scienza della Carne”, “La Scienza delle Verdure”, “La Scienza della Pasticceria”. Ti hanno dato spunti interessanti per la tua professione?»

«Seguo l’account di Dario per simpatia e perché spazia tra moltissimi argomenti, non solo legati alla preparazione di vari cibi (pensa a “La Scienza delle Pulizie”, per citare la stessa serie). Mi piace perché indaga da un punto di vista obiettivo i vecchi rimedi della nonna, spiegando perché non sempre siano efficaci. Apprezzo il fatto che dia informazioni alla portata di tutti, con un linguaggio comprensibile e scorrevole. Diciamo che nel mondo della ristorazione alcuni procedimenti sono resi più semplici dall’adozione di macchinari e attrezzature che la massaia non può avere in casa, sonde, roner, controlli della temperatura più certosini, ma con le giuste accortezza si possono produrre risultati tutto sommato simili anche senza il dispiegamento di tecnologia che si ha in ristorante. Dopotutto, sono un cuoco anche a casa, tra amici mi capita di cucinare e di non avere a disposizione l’equipaggiamento che avrei al Ca’ Vin: qualche trucco in più in queste circostanze può servire, anche a stupire i commensali.

Mi piace pensare che Dario e altri divulgatori possano ispirare e istruire giovani chef meglio dello scintillante mondo degli show televisivi dove il cuoco ha una divisa immacolata, sta lontano dai fornelli e non mostra molto della propria professionalità. Io sono il primo a lavorare e nella vita reale nel 90% dei casi il capocuoco non se ne sta con le mani conserte a guardarsi attorno e dare ordini. Per non essere frainteso: l’immagine che la TV dà del mio lavoro aiuta a renderlo appetibile per molte persone e di questo sono grato al piccolo schermo, ma rischia anche di illudere, di presentare situazioni poco concrete. Ritengo che il mio lavoro sia bello così com’è, con i suoi pregi e i suoi difetti, con la soddisfazione di vedere felice il cliente, di parlare con le persone e ricevere una critica costruttiva. Quell’ “è buono, ma…” detto dalla signora Giuliana porta a migliorarsi nel tempo, in fin dei conti, a trovare stimoli e sfide da superare».

Per conoscere di persona la cucina di Alessandro Seminara vi invitiamo dunque a recarvi in località Spineda a provare una o più portate del ricco e goloso menu di Ca’ Vin, ricordandovi di lasciare una recensione sul nostro sito!

Intervista a cura di Chiara Tomasella

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