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Intervista a Cristian Minchio

Sulla riviera del Brenta, all’interno dell'edificio settecentesco che un tempo ospitava il Casinò Venier, trovano spazio i curatissimi ambienti di Villa Goetzen, ristorante e hotel gestito da quasi trent’anni dalla famiglia Minchio: un luogo dove l’ospitalità e l’accoglienza si uniscono all’atmosfera romantica delle sale e del giardino esterno, affacciato direttamente sul corso del fiume.

Per farvi conoscere meglio questo elegante angolo di Dolo, abbiamo il piacere di dialogare con Cristian Minchio, direttore di sala e comproprietario dell’attività.

«Prima di raccontare l’attualità di Villa Goetzen, vorrei fare un passo indietro, alle origini dell’azienda. Come nasce questo progetto, e da chi?»

«Sono stati i miei genitori, Paolo Minchio e Paola Niero, a gettare le fondamenta della nostra realtà: hanno iniziato a lavorare a Venezia già dal 1965, per poi spostarsi qui a Dolo con la gestione dell’albergo-ristorante “Due Mori”. Nel 1995 hanno infine acquistato Villa Goetzen, ristrutturandola per dieci anni e trasformandola in ciò che è oggi. Io e mio fratello Massimiliano abbiamo ricevuto in eredità questo progetto, crescendo sin da piccoli in un contesto che ci ha trasmesso la passione per la buona cucina e ha dato forma alle nostre professionalità, con i vantaggi e gli svantaggi che comporta essere nati in un ambiente di questo tipo.

I miei due figli stanno frequentando l’istituto alberghiero, interessandosi a loro volta al lavoro che viene svolto al ristorante, ma come genitore non imporrò in alcun modo che restino ancorati alla Villa, anzi. Sono convinto che sia importante fare esperienza altrove, conoscere altre realtà, cosa che né io né Massimiliano abbiamo avuto modo di fare».

«Sicuramente non è facile avere alle spalle il nome di qualcuno mentre si cerca la propria strada, è un punto di merito non farlo pesare: spesso si dà per scontato che sia soltanto una fortuna “nascere con la camicia”».

«Per molti versi lo è, senza dubbio. Io mi ritengo privilegiato per quello che ho ricevuto dai miei genitori, ma vivere fin da bambini in un hotel-ristorante ha richiesto anche molti sacrifici: pensa ad una cosa semplice come l’intimità, che si riduce inevitabilmente dovendo condividere la colazione, il pranzo e la cena con gli ospiti dell’albergo. Ai miei figli posso lasciare una libertà maggiore, e sono felice che questo li abbia portati comunque a provare interesse per il mondo dell’Horeca.

Alberto, in particolare, sta per scegliere il proprio percorso universitario e vorrebbe studiare nutrizione, per portare in cucina una figura professionale capace di seguire scientificamente il bilanciamento del menu: un’idea che proveremo a seguire per il futuro».

«L’ospite e le sue necessità sono sempre al primo posto, ma come si fa nella pratica a far sentire a proprio agio il visitatore?»

«Sono convinto che non siano le singole portate o l’arredamento di un locale a fare la differenza sotto quest’aspetto. Sono sempre le persone e le relazioni umane a creare le basi per un’esperienza piacevole: l’ospite dev’essere gradito, nel senso che deve sentirsi tale, deve percepire nel sorriso, nei gesti e nel modo di fare del personale un’apertura e la volontà di andargli incontro.

Con 35 coperti all’interno e altrettanti all’esterno è possibile dedicarsi a tutti, e notiamo che i nostri sforzi sono premiati da un positivo passaparola: chi si è trovato bene fa sapere che qui ha trovato un certo tipo di accoglienza, piatti di suo gradimento, un contesto e un’atmosfera da consigliare, ed è sempre un piacere constatare l’apprezzamento della clientela».

«La fama del ristorante viaggia esclusivamente con il passaparola oppure anche gli strumenti della rete e dei social network aiutano a dare visibilità? Che cosa pensi dei siti di recensioni, in particolare?»

«Ritengo che molto spesso alcune opinioni lasciate dagli utenti siano fuorvianti per chi si basa esclusivamente sul parere altrui per giudicare un luogo, che si tratti di Villa Goetzen o di altre mete. Ad esempio: a qualcuno non piace sentire il rumore dell’acqua dalle camere affacciate sul fiume, per cui le valuta negativamente. A qualcun altro potrebbe invece far piacere affacciarsi al panorama fluviale e ascoltare quel sottofondo caratteristico: non è scontato che le esperienze di un estraneo combacino con le nostre.

Nella contemporaneità, nel bene o nel male, non è possibile estraniarsi dalla comunicazione digitale, l’unica scelta che si può compiere è quella di non farsi influenzare o condizionare troppo: se toccasse a noi recensire il comportamento di tutti i nostri ospiti, ne vedremo delle belle. Da titolari, sia io che i miei familiari siamo sempre rimasti fedeli a noi stessi: avere consapevolezza di ciò che facciamo, dell’amore con cui seguiamo l’hotel e il suo ristorante, ci dà tutte le certezze di cui abbiamo bisogno».

«Come ultimo “boccone” della nostra intervista, vorremmo proporre ai nostri lettori una selezione di pietanze da ordinare a Villa Goetzen: che cosa ci consiglieresti di assaggiare?»

«Il nostro ristorante è conosciuto per la ricca selezione di antipasti, sia crudi che cotti; la disponibilità degli ingredienti cambia in base alla disponibilità del mercato, di settimana in settimana. Abbiamo tartare di branzino, tonno o pesce spada, gli scampi crudi con il riso Venere, le capesante servite con una centrifuga di sedano e mela, il gambero rosso con mango e cioccolato bianco, tre diversi tipi di ostriche, una selezione di cotture a bassa temperatura (rombo e zucchine, carote, salsa di sedano rapa), i canestrelli di Caorle, oltre ai piatti della tradizione che non vogliamo mai far uscire dal menu come la granseola al vapore.

Per quanto riguarda i primi stiamo lavorando per proporre degli gnocchi di zucca con battuto di rombo e orata, mela cotta a bassa temperatura e salsa al Grana. Ci saranno, in previsione, tortelli farciti con carciofi e gamberi con una maionese al Grana, oppure ancora i risotti di Massimiliano, per esempio con radicchio di Treviso e crostacei…»

«Ma se dovessi scegliere una portata sola? Un piatto a cui sei particolarmente affezionato?»

«Beh, in tal caso sceglierei la zuppa di pesce di mio padre: “la zuppa del paron Paolo” è veramente inimitabile. Utilizza otto tipologie di pesce, tre cotture e nessuno di noi è riuscito a replicarla alla perfezione: nasce dal suo talento e dalla sua esperienza, per cui una volta che lascerà la cucina non sarà più possibile assaggiarla – almeno, non fatta così come la fa lui. Per giustizia, comunque, vorrei che fosse citato anche un piatto di mamma: le lasagne al pesce di Paola, apprezzate sia dal pubblico che da me. E spero anche dai lettori».

Ringraziamo dunque Cristian Minchio per il suo tempo e la sua cortesia, invitandovi a visitare personalmente Villa Goetzen: qui potrete assaporare le pietanze in menu e vivere i suoi meravigliosi dintorni, anche approfittando delle scontistiche riservate ai soci Che Passione.

 

Intervista a cura di Chiara Tomasella

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